Ha vinto il marchese del Grillo

1Sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio, che rivendica tutto per sé il successo della vittoria dell’astensionismo, si potrebbe obiettargli che il 30% circa su 51 milioni di aventi diritto significa 15,3 milioni di votanti, e quindi se circa l’80% di questi ha votato Sì, sarebbero oltre 12 milioni le “poche” persone, secondo Renzi, che avrebbero votato contro di lui. Quindi, circa 1 milione di più del tanto vantato 40% ottenuto dal suo partito alle ultime elezioni europee (pari a 11, 3 milioni di voti). Qualcuno potrebbe obiettare che tra gli elettori votanti ci sono anche destre e lega, ma altri potrebbero contro-obiettare che è sufficiente fermarsi a chi ha votato sì, eccetera eccetera.

Intanto, a me verrebbe comunque da sottolineare la stessa cosa che mi venne in mente proprio in quelle elezioni europee, e cioè che il vero vincitore era il “partito dell’astensione”, che in quell’occasione era cresciuto di 6,7 milioni rispetto alle elezioni politiche dell’anno precedente. Con l’aggravante, questa volta, che Renzi si appropria di entrambe, anche dell’astensione. Non è una mia interpretazione, l’ha proprio detto lui. Ha detto che si è avvalso di un diritto della costituzione. Di quale articolo parla? Mi sfugge. Quando l’ho visto in televisione che comiziava subito dopo le 11 di sera, m’è venuta subito in mente quella scena del film “Il marchese del Grillo”, quando dice “Perché io sono io e voi..!”, con la differenza che Sordi riesce comunque a mantenersi simpatico anche nella presa per i fondelli.

Si è trattato – il referendum – di un quesito quasi risibile, soft si potrebbe dire, promosso addirittura da giunte e consiglieri regionali in dissenso con il partito che li ha eletti – una parte dunque di quei milioni di elettori dello stesso 40% di Renzi. Insomma, un fronte referendario assai eterogeneo e anche moderato e tranquillo, nei toni e nei modi, in una campagna elettorale condotta con disparità di mezzi e bruciata in poche battute. “È stata così veloce che quasi non ce ne siamo accorti” m’è venuto da dire introducendo venerdì scorso un dibattito pubblico nella mia città. Con quale spirito ora dovremmo fidarci del novello marchese del Grillo, quando dice che ci penserà lui a risolvere i problemi dell’energia? Noi ne sapevamo poco prima, ma la breve campagna elettorale ci ha comunque  stimolato ad approfondire, perché più che di campagna elettorale m’è sembrato che le persone ci chiedessero d’essere informate e di capire, ma evidentemente sarebbe meglio, secondo lui e secondo gli astensionisti, che riprendiamo di nuovo a saperne poco. Come se l’informazione da sola fosse già di per sé qualcosa di politico e dunque pericoloso: limitiamola magari alle comunicazioni sugli orari di limitazione al traffico per combattere le polveri sottili, tanto per citare un esempio.

M’è sembrata, piuttosto, di una prova generale di abolizione del voto, ma non del voto in quanto tale, bensì soltanto quando non è il marchese del grillo a proporlo, per avere il ritorno di legittimità che lui chiede, ma solo quando lo dice lui e su ciò che vuole lui. Il voto a comando. O anche, si potrebbe dire, a telecomando, parafrasando il sistema di voto delle giurie popolari al festival di Sanremo, o i tanti sondaggi “premi il tasto verde” che ci fanno sorbire tante televisioni ogni giorno.

Abbiamo perso un referendum soltanto perché l’avversario si è rifiutato di lottare, e questo è un paradosso, è come se nel calcio la vittoria a tavolino venisse assegnata alla squadra che si rifiuta di scendere in campo.  È davvero interessante questa nuova democrazia che s’avanza.

Un po’ come mi chiedevo soltanto ieri, in alcune riflessioni scritte su questo stesso blog , ripescando però un lavoro sociologico di diversi anni fa: con quali forme e modalità di partecipazione dovremo confrontarci?  È importante darsi una risposta giusta, cioè che funzioni, nella lunga stagione referendaria che si sta aprendo. Forse non ci sono di mezzo solo i punti individuati al centro dei nuovi quesiti, forse c’è anche un modello culturale di società.

P.S. I risultati definitivi: Hanno votato Sì 13,3 milioni di persone (85,8% dei votanti). Se il numero dei votanti fosse stato più alto, fino alla soglia del quorum, al 50,1%, e tutti i votanti “aggiuntivi” avessero comunque votato No, i Sì sarebbero restati ancora maggioranza, al 52,5%.
Interessante, è davvero il nuovo modello di democrazia, vince chi non partecipa? Sarà così anche al prossimo appuntamento, quello sulla Costituzione? E poi i referendum sociali? Vedremo.
Una curiosità aggiuntiva: nel mio comune ha votato il 38,77% e i Sì hanno raggiunto l’84,5%; in voti assoluti noto che i Sì sono stati circa 1.700 di più dei voti che quattro anni fa furono necessari all’attuale Sindaco per vincere il ballottaggio.

 

 

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