La politica (ieri, oggi e …)

2«Nessuno degli intervistati partecipa alla vita politica attiva, neanche quei sette o otto che si dichiarano di sinistra e neanche gli unici due – entrambi iscritti al sindacato – che sono iscritti ad un partito di sinistra, i quali si limitano a partecipare più o meno occasionalmente a iniziative pubbliche. Uno dei due, una ragazza, auspica però una maggiore attenzione del suo partito a “pensare spazi per i giovani e iniziative culturali o sociali, come la presentazione di un libro o di un film, dei dibattiti, degli spettacoli, aperti anche a chi non ha maturato ancora una sua scelta politica, perché non si può pretendere che un giovane maturi da solo un interesse per la politica e poi partecipi direttamente alle riunioni di partito sui temi più strettamente politici”, ed infine spiega che anche a lei sarebbe così più facile partecipare a tali attività.»

Inizia così il capitolo 6, “La politica”, dell’articolo “I giovani, il lavoro e la partecipazione”, che scrissi al termine di un’articolato lavoro di ricerca sui giovani durato un paio di anni, che avevo poi concluso con venti interviste dirette o chiacchierate libere di novanta minuti ciascuna. Mi tornava in mente, questo articolo, un paio di sere fa, al termine di una riunione durante la quale ci ponevamo di nuovo il tema di come rivolgerci ai giovani, e non solo, sui valori di partecipazione, solidarietà, accoglienza, antifascismo, in un periodo in cui le spinte alla chiusura e all’indifferenza – e le tentazioni di strumentalizzazione di chi vuole approfittarne – sembrano sempre più prepotenti (anche se non mancano in giro anche esempi positivi, ma magari sono meno visibili, o meno percepiti perfino da noi stessi).

Dopo aver detto la mia, stavo lì all’incontro ad ascoltare gli altri e mi chiedevo, ripensando alle mie stesse parole, quale sia oggi effettivamente lo scarto tra le nostre percezioni e ciò che davvero sta cambiando nella realtà, concludendo, con autoironia: “sì, dev’esserci qualcosa che continua a sfuggirci!”  Così mi tornava in mente questo vecchio lavoro di ricerca sociale, immaginando che forse ogni tanto varrebbe la pena di continuare ad aggiornarci.
Dimenticavo: il lavoro sopra citato risale a ben 21 anni fa, era il 1995, e i giovani con cui allora chiacchieravo, oggi dovrebbero avere tutti attorno ai 45 – 47 anni; allora, dopo due anni tra questionari e statistiche, avevo deciso di liberarmi scegliendo di dialogare liberamente con appena venti giovani, tutti definibili in modo generico di area di sinistra, anche se tra loro molto diversi, di cui più della metà impegnati o comunque vicini al sindacato, sul loro luogo di lavoro.

Era un’altra era, non si era diffuso ancora nemmeno internet: lo ricordate? Come si comunicava e ci si informava? O forse non era poi così diverso da ora? Ecco un altro passaggio dell’articolo: «Nel totale solo due o tre intervistati -sono tutti delegati sindacali – affermano di leggere i quotidiani tutti i giorni, soltanto un delegato segnala un quotidiano di partito; altri intervistati, tra cui alcuni delegati, leggono i quotidiani soltanto saltuariamente (“non ho tempo, cerco di rifarmi leggendo i settimanali”).
Inoltre, di tutti questi lettori più o meno abituali, solo alcuni preferiscono i quotidiani nazionali, altri i quotidiani locali oppure quelli sportivi. Il mezzo di informazione principale resta la televisione, con i notiziari seguiti spesso assieme alla famiglia (“Sono più informato di ciò che accade tramite la televisione; tanto le notizie che riportano i giornali sono le stesse ascoltate la sera prima in televisione”).
Qualche altro al contrario, a proposito dei mezzi di informazione in genere specifica: “ogni tanto leggo qualche settimanale, i quotidiani poco, mi informo soprattutto ascoltando il telegiornale, ma anche questo saltuariamente, la cronaca non mi interessa molto, gli argomenti principali li seguo, la politica poco”; ed un altro aggiunge: “io non guardo molto la televisione e quindi ho del tempo libero per leggere libri”; ed un altro ancora: “non ho una buona opinione dei giornali, non li leggo, non mi danno niente, leggo solo qualche rivista…».

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