11 settembre 1973, a Jesi quarant’anni dopo

Qualche foto della serata a Largo Salvador Allende di Jesi, sotto i grandi murales cileni di Jesi, all’iniziativa promossa dall’Istituto Gramsci con la collaborazione dell’Anpi e dell’Arci, per dare inizio ad un ciclo di iniziative sull’argomento. Oltre ai tre interventi degli organizzatori e a quelli dei rappresentanti del Comune e della Provincia, un ragazzo – Giovanni Silvestrini – ha letto la storia dei murales di Jesi e una poesia di Pablo Neruda e subito dopo è intervenuto Ricardo Madrid, testimone ed esule cileno rimasto a vivere qui nelle Marche, che ha ricostruito gli eventi storici di allora, ricordando anche l’importanza dell’accoglienza che da noi fu allora offerta agli esuli cileni in fuga, una accoglienza e una solidarietà che dovrebbe essere di esempio anche oggi. Quasi dimenticavo di dirlo, ma c’era davvero tanta gente, come potete vedere (vedi il VIDEO della Provincia di Ancona)
1
2
3
a
4
Il mio è un resoconto assai parziale della serata; usciranno certamente resoconti più completi. Mi limito a riportare la breve riflessione proposta me:
“La sera dell’11 settembre del ’73 ero in auto con alcuni amici. Allora si usava dire “compagni” ma oggi questa espressione, in un mondo in cui tutto sembra sdoganato, è caduta in disuso. Quella sera stavamo andando ad una riunione. Io non guidavo, giocavo con quella specie di autoradio che allora si applicavano sulle vecchie e gloriose Cinquecento. Cercavo sulle onde corte, in mezzo a  fischi, rumori simili a gargarismi o a viti arrotate. Poi all’improvviso ecco un notiziario, in chiaro, di Radio Praga, in lingua spagnola. Fu così che sapemmo del golpe in Cile e della morte del “compagno” Salvador Allende. Caduto in combattimento, ci parve di capire, decifrando quello strano accento spagnolo. Sulla fine vera di Allende si discute ancora oggi. Il compagno Allende era più di un simbolo, era un sogno concreto che stava prendendo corpo. Presidente di tutti i cileni, democraticamente eletto e legalmente in carica. C’erano già stati tre o quattro tentativi di golpe nell’ultimo anno, cospicui finanziamenti nordamericani per rovesciare il governo, e il golpe questa volta era riuscito, Un tassello dell’operazione Condor, che avrebbe portato una repressione violenta delle lotte e delle aspirazioni di eguaglianza in tutto il continente sud americano. Solo tre anni dopo ci fu il golpe in Argentina. Una tragedia troppo grande per comprenderne da subito tutta la gravità. Fu quello l’argomento della riunione di quella sera e di molte altre che seguirono.
Nel ’73 il quartiere dove ci troviamo e questa piazza che fu intestata ad Allende, non esistevano ancora. Qui era tutta campagna, si scendeva da una stradina bianca di sassi e sulla collina di fronte si vedeva il crinale di Montecappone. Mi capitava d’andarci a piedi, da ragazzo, su fino al cippo dei martiri del xx giugno, di cui mi avevano raccontato testimoni oculari – anzi, non oculari perché nessuno vide quello scempio, ma ne udirono le urla strazianti per l’intera notta.
Quando nel 1984 fu inaugurata la piazza e i murales – 11 anni dopo il golpe – erano trascorsi esattamente 40 anni dall’eccidio di Montecappone, e oggi che siamo qui sono trascorsi esattamente 40 anni dal golpe. Questa coincidenza di intervalli di tempo mi sembra che sottolinei ancora di più l’unitarietà della nostra storia vicina, a poche centinaia di metri, e di quella lontana, dall’altra parte del mondo. Unitarietà che per noi noi tutti che oggi siamo qui significa rinnovare l’impegno civile e di testimonianza, per ricordare insieme il sacrificio di chi si è schierato dalla parte della legalità, della libertà e dell’eguaglianza sociale, accettando per questo di rischiare la vita.
I murales che gli artisti esuli cileni ci hanno lasciato allora, sono una grande testimonianza, un’opera d’arte di grande valore civile sociale e culturale. Ci siamo talmente abituati a vederli, durante tutti questi anni, che spesso li diamo per scontati, dimenticandone l’origine. Ben venga questo programma di iniziative per valorizzarli, se aiuta a scuoterci  dall’assuefazione. Che ci svegli un po’ e ci tenga attivi e attenti sui temi della memoria, della legalità, dell’eguaglianza. Ma non solo per parlare del passato. Pensando anche all’oggi, in un momento in cui questi temi sono di nuovo assai attuali e ci si presentano sotto la forma della messa in discussione dei principi fondamentali,  vedi le discussioni sulla carta costituzionale, di una crisi non solo sociale ma anche civile e della partecipazione, nel senso di inadeguatezza delle tradizionali forme di rappresentanza. Ben venga un programma che ci stimoli in modo attivo, tutti insieme, per tornare ad affrontare i temi della storia e del presente. “La storia è nostra e la fanno i popoli”, disse Allende nel suo ultimo discorso alla radio, mentre erano in corso i bombardamenti al palazzo presidenziale.”

(Articoli collegati: https://tulliobugari.wordpress.com/tag/allende/)

Informazioni su Tullio Bugari

https://tulliobugari.wordpress.com/
Questa voce è stata pubblicata in appunti jesini e contrassegnata con , , . Contrassegna il permalink.

6 risposte a 11 settembre 1973, a Jesi quarant’anni dopo

  1. Ricardo Madrid ha detto:

    Grazie Tullio è stata una bella serata e per me molto importante, saluti,
    Ricardo Madrid

    "Mi piace"

  2. sherazade ha detto:

    ‘compagno, compagna’ hanno per me un senso profondo di fratellanza e condivisione che oggì non hanno più valore non perchè obsoleti ma perchè sono stati traditi.

    sherazade

    "Mi piace"

  3. Pingback: I murales cileni di Jesi | tulliobugari

  4. Pingback: “La visiòn final” (quando un muro significa libertà) | tulliobugari

Lascia un commento