“Chi sono io?”

5a« Domandiamo a quale “etnia” appartiene. Lo chiediamo a tutti, con un po’ di imbarazzo talvolta e quasi rispondendo a un obbligo di doverosa distinzione. Lui si mette a ridere perché sapeva che prima o poi lo avremmo chiesto, e ci risponde raccontandoci questa storia:
“Quando nel 1985, all’età di diciotto anni, sono stato arruolato per il servizio militare, mi sono presentato presso il comando di Skopije e qui mi hanno rivolto la stessa domanda. Io ho risposto nel modo che mi sembrava più ovvio: jugoslavo. Ma a loro non bastava, dovevo essere più preciso e non sapevo come fare. Ho dovuto telefonare ai miei genitori a Sarajevo e chiedere: “Chi sono io?”, perché non lo sapevo. E’ così che ho scoperto che la mia famiglia era serba. I ragazzi che venivano dalle diverse zone della Croazia, della Serbia o della Slovenia avevano saputo rispondere subito con precisione. Solo noi, non noi bosniaci ma proprio noi di Sarajevo, “non sapevamo chi eravamo”.
La mia ragazza invece aveva la madre croata, di Vinkovci, vicino Vukovar, mentre il padre era nato da un matrimonio misto. Il suo cognome era croato e il nome era serbo, ma prima della guerra non si badava in nessun modo a queste cose e neanche a casa mia si parlava mai di questo.
Faccio un altro esempio. Da noi le madri che non avevano abbastanza latte facevano allattare i propri figli da altre donne. Così è avvenuto per mia sorella che è stata cresciuta insieme ad un altro bambino da noi considerato in tutto e per tutto come un fratello. Io ho sempre considerato i figli dei miei vicini dei fratelli più grandi e solo dopo la guerra mi sono reso conto che erano musulmani. Allora ho cercato di capire che fine avessero fatto ma non sono riuscito a mettermi in contatto con loro perché Foča è finita sotto il controllo dei serbo-bosniaci e sembra che sia successo un macello esattamente come durante la seconda guerra mondiale. Hanno addirittura cambiato il nome da Foča a Srbinje.” »

Il testo qui sopra è un breve estratto dal racconto “Scusi, ha dimenticato il Kalashnikov!”, contenuto nel libro “Izbjeglice/Rifugiati, storie di gente di Bosnia” scritto da me insieme all’amico Giacomo Scattolini. Il racconto è stato raccolto nel 1997, un paio di anni dopo gli accordi di Dayton, che posero fine agli scontri armati in Bosnia, e due anni prima dei bombardamenti della Nato su Belgrado e il Kosovo, nella seconda fase della guerra.

Venerdì 14 abbiamo l’ultima presentazione di questo 2012 dell’altro libro, più recente, “JUGOSCHEGGEstorie e scatti di pace e di guerra”,  nell’ambito di una tavola rotonda dove si parla di Balcani e ci sono insieme a noi anche Roberta Biagiarelli – che ha anche collaborato con un suo capitolo a Jugoschegge –  e Giannina Del Bosco delle “Donne in Nero Verona”.
L’appuntamento è alle ore 18.00 al Palazzo De’ Cuppis (angolo Via De’ Cuppis/Piazza XX Settembre); la tavola rotonda è inserita in una due giorni più ampia, dal titolo “LA POLITICA NELLA SOLIDARIETA’: I BALCANI 20 ANNI DOPO, Esperienze e percorsi di pace.”

Informazioni su Tullio Bugari

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