Ringrazio – a nome anche degli altri organizzatori – tutti i partecipanti all’incontro di sabato 2 marzo, a Jesi, con Attilio Coco, autore di “Ho una storia per te”. Una bella chiacchierata. Eravamo in tanti, delle diverse associazioni promotrici e altri ancora, di diversa età, dai più giovani fino ad alcuni testimoni diretti di allora, di quelle esperienze così dense di significati, forse non ancora tutti esplorati, o comunque da riscoprire di continuo per mantenerli vivi e adeguati al nostro presente.
Diversi i temi toccati e stimolati dal romanzo, ispirato da una storia vera. Tra questi, la questione di come narrare le esperienze di vita e trasmetterne i significati, perché non esiste una ricetta sbrigativa – una tecnica – ma si ha a che fare con tutta la complessità della vita (“La vita nuda, quella che si incrocia prima della possibilità che essa ha di farsi letteratura. La vita tremenda, lacerante e meravigliosa che a volte la scrittura coglie ma da cui, abbastanza spesso, protegge”, citando il romanzo).
Una narrazione nella quale è importante anche il silenzio – il pudore tenace della memoria – perché nulla è banale, tanto nella vita che nel racconto, e ha bisogno dei suoi tempi e della giusta disponibilità. Ci sono sempre disagi personali e lacerazioni dentro le scelte doverose che il contesto esterno ci pone. C’è sempre un costo personale da pagare a queste scelte, e quando magari non lo avvertiamo dovremmo invece cercarlo, perché non contraddice le scelte fatte ma le umanizza, collocandole nella vita vera con i suoi significati. Le fa uscire dalla retorica. Ma tutto ciò richiede impegno: nel romanzo i due protagonisti – sia chi narra sia chi fa propria questa narrazione – sembra quasi che vivano questo passaggio come una metamorfosi: anche la narrazione è una scelta e comporta degli atti, dei gesti.
Non si tratta mai soltanto di un resoconto asettico di fatti avvenuti – a questo ci pensa la ricerca storica, indispensabile per ricostruirne le cornici e i contesti – ma di trasmissione di un’esperienza complessa di vita. Con tutte le risposte che possono anche restare aperte ma intanto le domande le abbiamo trovate.
E’ stato questo sguardo personale e diretto – seguendo lo sviluppo del romanzo ma a tratti anche le vicende reali che lo hanno ispirato – il filo conduttore che mi pare abbia animato la nostra discussione.
Se la Storia c’è, quella con la S maiuscola, c’è attraverso la memoria e l’esperienza diretta: “E poi il sapore della Storia, lacerante e affascinante da togliere il fiato”, citando sempre il libro.
Durante la serata c’è stato anche un intermezzo musicale con Francesco della Staffetta della Memoria, che ha cantato – accompagnandosi con la chitarra – le due canzoni prodotte dalla Staffetta, l’inno del 2011 e la canzone per la seconda edizione 2012, dal titolo “Un partigiano sessant’anni dopo” che propone, appunto, la riflessione di un partigiano oggi, mentre ricorda la Resistenza ma è anche amareggiato per come vanno le cose:
‘Non sono stati giorni facili né belli/ Anche se dopo noi li abbiamo ricordati / Con il rispetto e quella grande ammirazione / Che si ha per chi ha riscattato una nazione’.
Tra poche settimane prenderà il via l’edizione, 2013 della Staffetta, passeremo così anche nei luoghi esatti che fanno da sfondo a questo romanzo e ci stiamo organizzando per incontrare le stesse persone che lo hanno ispirato. Il nostro è un viaggio tra il picaresco, l’amore per la natura e i paesaggi, una forte curiosità per la Storia, la voglia di condividere un’esperienza, e soprattutto di incontrare persone, punti di vista, sguardi e memorie da condividere. Anche esporci a domande o cercare domande, e poi affrontare insieme le risposte, senza dare mai nulla di scontato.
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Molto bello il tuo resoconto. E confermo: è stata una serata interessante e piacevole. Grazie di cuore.
Attilio Coco
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