“Cominciò la vita, cominciò la Resistenza”

“Cominciò la vita, cominciò la Resistenza” (ricordando Aurelio Ricciardelli. aurelioHo avuto l’occasione pochi giorni fa di presentare il mio ultimo libro L’erba dagli zoccoli (L’altra Resistenza, racconti di una lotta contadina) dedicato alle lotte contadine, in provincia di Ravenna, e ho colto l’occasione per dedicare il reading concerto al partigiano Aurelio Ricciardelli, per i motivi che ho ricordato nell’articolo pubblicato sul blog dedicato al libro, e che ripubblico anche qui, per aggiungerlo agli articoli dedicati a suo tempo alla Staffetta della Memoria, quando ebbi l’occasione di incontrare e conoscere Aurelio a Monte battaglia, sopra Casola Valsenio.

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“Una situazione che non potete immaginare voi giovani, nella quale ci siamo trovati noi all’età di diciotto o diciannove anni. Ci siamo trovati in una guerra, alla caduta del fascismo, l’8 settembre e l’armistizio; pensavamo che fosse tutto finito e invece cominciò la vita, cominciò la Resistenza” ci diceva il partigiano Aurelio Ricciardelli, quando l’abbiamo incontrato sul Monte Battaglia, sopra Casola Valsenio, provincia di Ravenna, quando siamo passati di lì in bicicletta con la Staffetta della memoria lungo la Linea Gotica.

Ho voluto iniziare così domenica 20, al Circolo Arci Casablanca di Villanova di Bagnacavallo (Ravenna), dedicando letture e canzoni al partigiano Aurelio Ricciarelli. Aurelio ci ha lasciati due anni fa ma ho avuto l’onore di conoscerlo; Aurelio è stato uno degli stimoli importanti che mi hanno spinto a scrivere questo libro che ho dedicato ai contadini, e ho maturato proprio durante quei viaggi alla riscoperta delle memorie sulla Linea Gotica. Aurelio infatti non raccontava di combattimenti, preferiva invece ricordare i contadini di quella zona, che si toglievano letteralmente il pane dalla bocca per aiutare quei ragazzi su quel monte a sopravvivere al freddo e alla fame. Raccontava di quella bella storia di solidarietà e di scambio tra quei ragazzi e quei contadini, la storia del grano e della farina raccolti per fare il pane per tutti, che poi fu ridistribuito, perché la Resistenza è innanzitutto solidarietà e relazioni sociali di vita, storie vissute dentro quei luoghi che siamo noi.

Così, già durante quell’incontro con Aurelio, e con le tante altre storie incontrate dentro quei viaggi in bicicletta – molto belli, peraltro, per noi immersi in luoghi di grande bellezza e che meritano di essere vissuti in pace e apprezzati – mi chiedevo cosa avessero fatto i contadini, e quei ragazzi scesi dalla montagna, una volta finita la Resistenza. Si può tornare ad essere quelli di prima come se niente fosse? Non credo, quelle esperienze ci aprono dentro altri occhi. E così, cercando, ho trovato quella che nel sottotitolo del libro ho chiamato l’Altra Resistenza, quella delle lotte contadine, già iniziate in Sicilia e Calabria nel ’43 appena sbarcati gli Alleati, e proseguite risalendo il paese, fino agli anni Cinquanta.

Il legame con la Resistenza era forte, sia diretto che indiretto, sia nelle singole persone, con i tanti ragazzi partigiani che tornavano a casa e trovavano un intero sistema sociale e di sfruttamento ancora da cambiare, e che non volevano più accettare. Perché la democrazia è questo, la possibilità lottare e di utilizzare gli strumenti per rendere la vita più equa. Nei racconti che ho inserito nel libro ne ho trovati tanti di questi ragazzi, come Vittorio Veronesi della zona di Porto Mantovano, Maria Margotti di Argenta e che diede il suo contributo anche come staffetta – Vittorio cadde ucciso il giorno del primo anniversario dell’uccisione di Maria. Oppure ho trovato Placido Rizzotto che fu partigiano in Carnia (Friuli), e poi tornò per fare il segretario della Camera del Lavoro a Corleone.  O ancora, lo scorso anno, dalle mie parti, partecipando a una bicicletta della memoria, ho scoperto tra i nomi su una lapide nel paese di Staffolo (Ancona) il nome di un ragazzo di Bisacquino, Alesci Antonio, il paese vicino Corleone dove i contadini andarono a occupare le terre guidati dal ventenne Pio la Torre, che nel frattempo era andato a sostituire Rizzato alla camera del Lavoro. Oppure, qui a Jesi, tra i sette martiri del XX giugno, c’era un ragazzo, Enzo Carboni anche lui ventenne, che veniva da Santa Eufemia di Aspromonte, un’altra terra, la Calabria, che ha dato molto alle lotte contadine, purtroppo anche in termini di vittime come a Calabricata e a Melissa.

Potrei continuare a lungo, tanto sono numerosi e forti questi legami e ce ne sono anche altri che cito nel libro, ad esempio tra le note del racconto dedicato alle occupazioni d’Arneo in Salento cito il partigiano Gianni Giannoccolo, che di recente ho avuto l’occasione e l’onore di conoscere.

Ma oltre alla continuità diretta, di tante singole persone che erano state in guerra o al confino, o nei campi di prigionia o in montagna, e avevano incrociato  le loro esistenze e scambiato conoscenze, e insieme alle esperienze individuali avevano maturato soprattutto nella lotta partigiana anche un’esperienza sociale, di partecipazione e di modalità organizzative che si dimostrarono pronte a veicolare quella domanda individuale e sociale di cambiamento. Non solo come stimolo e metodo nel momento della lotta, dell’occupazione della terra o dello sciopero, ma anche come sostegno organizzativo e solidale, perché quando si andava a occupare un latifondo o si organizzava uno sciopero a rovescio, come al Cormor in Friuli, o sul Fucino o a Lentella in Abruzzo, oppure a Melissa in Calabria nel ’46 che furono i primi a inventarlo, partivano migliaia di persone e c’era da organizzare la logistica, il trasporto, il mangiare, gli attrezzi, dividere la terra, prepararsi a ricevere la polizia e tutto. E anche dopo, nel momento del sostegno, dopo le dure repressioni, perché furono oltre centomila i contadini che passarono per le patrie galere in quegli anni e un centinaio le vittime, e spesso c’erano bambini che restavano senza genitori o famiglie senza nessun lavoro, e anche allora erano pronte le strutture organizzative della Resistenza,  come i Gruppi di difesa della donna nati nella lotta partigiana, prima che si organizzassero l’Udi o l’Anpi o i sindacati, per accogliere i bambini del meridione presso altre famiglie contadine, anche loro in lotta ma in condizioni un po’ meno drammatiche. I treni della felicità furono chiamati, un’esperienza già iniziata dopo i disastri dei grandi bombardamenti della guerra, nel ’45, anche per bambini di città come Milano o Roma. Tra il ’45 e il 52 furono 70 mila i bambini accolti presso altre famiglie. Tantissimi. Ho trovato queste esperienze di accoglienza anche nella zona di Ravenna, ad esempio a Lugo con Irma SiroliIda Cavallini; erano presenti in tutta l’Emilia Romagna e anche nelle regioni vicine, ne ho trovate anche nella mia regione, ad Ancona con i bambini di San Severo di Foggia e a Pesaro con i bambini di Montescaglioso. Alcuni di questi esempi li cito nei racconti del libro. Erano tutti più buoni allora? Non credo si possa ridurre tutto ad un’ideologica categoria della bontà, con il risultato magari di piangersi addosso per un tempo presente che ci appare assai meno solidale, credo piuttosto che era il risultato di una grande esperienza sociale, che era stato duro mettere in movimento e che non era affatto scontata nemmeno allora.

Però, mentre della Resistenza combattuta si è parlato sempre un po’ di più, degli anni immediatamente successivi tutti noi anche della nostra area culturale politica abbiamo sempre conosciuto assai meno, come se questo pezzo ulteriore di memoria non fosse stato il nostro. E proprio questo è il perché della dedica che ho voluto fare ad Aurelio Ricciarelli; anzi, penso che a lui stesso sarebbe piaciuta di più una dedica rivolta  direttamente ai contadini, perché lui stesso per prima cosa ricordava sempre il ruolo fondamentale di quei contadini, senza il cui aiuto non si sarebbe realizzato nulla.

Trovarmi un provincia di Ravenna mi ha stimolato questa dedica e queste riflessioni. Per il resto, una bella serata, di incontri e di storie, alternando le mie letture dal libro alle canzoni suonate e cantate da Silvano Staffolani e composte insieme ispirandoci alle stese storie del libro. Il primo brano letto è stato dedicato alle lotte mezzadrili del Centro Italia, seguito dalla storia di Maria Margotti, di Argenta, a pochi chilometri da qui, e poi due letture sui contadini senza terra ricordando le occupazioni dei latifondi a Melissa in Calabria e a Bisacquino in Sicilia. Le canzoni ispirate al libro e che sono state eseguite si possono ascoltare anche alla pagina Soundcloud
Questa volta siamo stati ospitati da un circolo Arci, il Casablanca di Villanova (Ra), e si trattava inoltre di una serata militante, una cena di autofinanziamento per le iniziative svolte durate la campagna referendaria dal Comitato per il No.

(Domenica 4 dicembre L’erba dagli zoccoli in lettura e musica sarà a Roma al Festival delle terre)

Informazioni su Tullio Bugari

https://tulliobugari.wordpress.com/
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