“Singhiozzai con Leopardi”, ricordando Sacco e Vanzetti

thumb_book-non-piangete-la-mia-morte.330x330_q95Tra alcuni giorni, il 23 agosto, è l’anniversario dell’uccisione sulla sedia elettrica di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti; per ricordarli, ecco alcuni brani dal libro autobiografico di Vanzetti ‘Non piangete la mia morte’, che consiglio a chi non lo abbia ancora letto, per la bellezza delle sue parole e per l’attualità che la loro vicenda ha ancora oggi per noi.

«Dopo due giorni di treno attraverso la Francia e sette di navigazione attraverso l’oceano, giunsi a New York. Un compagno di viaggio mi condusse alla 25ª Strada all’angolo della 7th Avenue, ove abitava un mio concittadino. Alle otto di sera scendevo malinconicamente le scale. Solo, straniero, senza intendere né essere inteso, passeggiai a lungo per quel quartiere in cerca di un alloggio (…) Trovai un meschino alloggio in una casa equivoca. Dopo tre giorni dal mio arrivo, il mio concittadino, che lavorava da capo cuoco in un club alla 86ª Strada West in riva all’Hudson, mi portò con lui al lavoro in qualità di sguattero; vi rimasi tre mesi. L’orario era lungo; in soffitta, dove si dormiva, il caldo era soffocante e i parassiti non lasciavano chiudere occhio quant’era lunga la notte. Decisi di dormire sotto gli alberi. Lasciato quel posto trovai la stessa occupazione al ristorante Mauquin. La pantry era orribile. Nessuna finestra; se si spegneva la luce elettrica bisognava fermarsi, o muoversi a tastoni, per non urtarsi l’un l’altro o inciampare negli oggetti.  Il vapore dell’acqua bollente che saliva dalle vasche ove si lavavano le terriglie, casseruole e argenteria, formava grosse gocce d’acqua attaccate al soffitto dal quale cadevano a una a una sulle teste madide di sudore. Nelle ore di lavoro il caldo era orribile. I rifiuti delle mense, ammassati in appositi barili, emanavano esalazioni intossicanti. I sinks non avevano tubi di conduttura. Ogni sera sul buco si otturava, e l’acqua cadeva sul pavimento scivolando verso il centro ove si apriva un buco di conduttura. Ogni sera quel buco si otturava, e l’acqua saliva fin sopra gli appositi telai di legno posti sul pavimento per salvaguardarci dall’umidità. Allora si pattinava nel brago. Si lavorava un giorno dodici e uno quattordici ore; ogni due domeniche si avevano cinque ore di uscita. Vitto fradicio (per la canaglia), cinque  o sei scudi settimanali di paga. Dopo otto mesi me ne andai per non contrarre la tisi (…).

(…) Arrivato qui provai tutte le sofferenze, le disillusioni e gli affanni inevitabili per chi sbarca ventenne, ignaro della vita, un po’ sognatore. Qui vidi tutte le brutture della vita; tutte le ingiustizie, la corruzione, il traviamento in cui si agita tragicamente l’umanità. A onta di tutto riuscii a fortificarmi fisicamente e intellettualmente. Qui studiai le opere di Pietro Kropotkin, di Gori, di Merlino, di Malatesta, di Reclus. Lessi Il Capitale di Marx, i lavori di Leone, di Labriola, il testamento politico di Carlo Pisacane, i doveri dell’uomo di Mazzini e oltre altre opere di indole sociale. Qui lessi i libri di ogni frazione socialista, patriottici e religiosi, qui studiai la Bibbia, la Vita di Gesù di Renan e il Gesù Cristo non è mai esistito di Milesbo, qui lessi la storia greca e romana, le Crociate, due commenti di storia universale, la storia degli Stati Uniti, della rivoluzione francese e di quella italiana. Studiai Darwin, Spencer, Laplace e Flammarion, ritornai sulla Divina Commedia, sulle Gerusalemme Liberata, singhiozzai con Leopardi, lessi i lavori di Victor Hugo, di Leone Tolstoi, di Zola; le poesie del Giusti, di Guerrini, di Rapisardi, e del Carducci. Non credetemi un’arca di scienza, lettore mio; il granchio sarebbe madornale. La mia istruzione fondamentale fu troppo incompleta, e la mia forma mentale non è sufficiente per  sfruttare e assimilare totalmente sì vasto materiale. E poi devi considerare che studiai lavorando duramente, e senza comodità alcuna. Allo studio però aggiunsi una spietata, continua, inesorabile osservazione sugli uomini, sugli animali, le piante, su tutto ciò che – in una parola – circonda l’uomo. Il libro della vita: questo è il libro dei libri! Tutti gli altri non hanno per scopo che insegnare a leggere questo. Libri onesti, s’intende, che i disonesti hanno opposto fine. (…)

539w(…) Cercai la mia libertà nella libertà di tutti, la mia felicità nella felicità di tutti. Compresi che l’uguaglianza di fatto, nelle necessità umane, di diritti e di doveri, è l’unica base morale su cui può reggere l’umano consorzio. Strappai il mio pane con l’onesto sudore della mia fronte; non ho una goccia di sangue sulle mie mani, né sulla mia coscienza. Ora? A trentatré anni, sono candidato alla galera. Nè me ne meraviglierei, se così non fosse. Eppure se dovessi ricominciare “il cammin di nostra vita” ribatterei la medesima via, cercando però di diminuire la somma delle colpe e degli errori, e di moltiplicare quella del bene. Vada intanto ai compagni, agli amici, ai nuovi tutti il mio bacio fraterno, la profonda riconoscenza, l’amore e il saluto augurale. Bartolomeo Vanzetti.»

(brani tratti dal libro Non piangete la mia morte di Bartolomeo Vanzetti)
Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti  furono uccisi sulla sedia elettrica il 23 agosto 1927 nel penitenziario di Charlestown, a sette anni dal loro arresto; a nulla valse la confessione del detenuto portoghese Celestino Madeiros, che li scagionava. Solo cinquant’anni dopo, il 23 agosto 1977, il governatore dello Stato del Massachusetts riconobbe ufficialmente gli “errori” commessi nel processo.
Nel giorno della morte, Nicola Sacco  aveva 36 anni e Bartolomeo Vanzetti 39. Il loro processo si tenne in un clima di intolleranza e di razzismo e nell’ambito di una campagna persecutoria gestita dal procuratore generale degli Stati Uniti Alexander Mitchell Palmer, per evitare il contagio della rivoluzione russa; dal 7 novembre del ’19 la repressione colpì tutte le associazioni anarchiche, socialiste, comuniste e sindacaliste con arresti indiscriminati, processi sommari ed espulsioni forzate, spesso calpestando le più elementari libertà individuali e principi di giustizia. Si stima che furono circa diecimila le persone colpite in modo diretto da questi provvedimenti, passati alla storia come i Palmer Raids.

 

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