20 giugno 2016 – 20 giugno 1944

Un discorso umano, m’è venuto subito da pensare mentre ascoltavo Antonio Pizzinato nell’aula consiliare di Jesi, per la commemorazione dei martiri del xx giugno, nel 72° anniversario dell’eccidio. La cerimonia s’è svolta in due fasi. Prima al cippo dei martiri, in via Montecappone, per depositare la corona di fiori. Ma le condizioni del tempo erano incerte e così, diversamente dalle altre edizioni, s’era pensato fosse più prudente spostarsi per l’orazione e il resto della cerimonia presso l’aula consiliare. Tuttavia c’è stata una tregua alla pioggia e così al cippo non eravamo in pochi, e non si è trattato di un frettoloso deposito della corona ma di un vero momento collettivo di raccoglimento.1 2 3 4 5

Io ero arrivato al cippo qualche minuto prima e avevo trovato già lì Antonio Pizzinato insieme agli organizzatori dell’Anpi, e così attendendo con loro l’inizio della cerimonia della corona di fiori, avevamo avuto il tempo di scambiare un po’ di conversazione. L’avevo già conosciuto diversi anni fa in Cgil, nel periodo in cui alla fine degli anni Ottanta fu per alcuni anni il segretario generale del sindacato e mi ha fatto piacere incontrarlo di nuovo. Tante le cose che si potrebbero raccontare, non certo di noi direttamente ma delle vicende e delle storie a cui nel corso del tempo, in tanti modi diversi, si entra a far parte o comunque in contatto. E ne parlavamo proprio nel luogo del cippo, che è lo stesso dove 72 anni fa avvenne l’eccidio di quei sette ragazzi. Attualmente Antonio fa parte dell’Anpi ed è presidente onorario dell’Anpi Lombardia. Negli anni è stato anche Senatore, e la sua casa principale è stata la Cgil, di cui è stato anche Segretario Generale nazionale, e più ancora che con la Cgil il suo legame nasce con la Fiom, di cui nel prossimo anno festeggerà il 70° dal suo primo tesseramento, nell’immediato dopoguerra, quando da ragazzo dal suo Friuli si trasferì a Sesto San Giovanni per diventare operaio.

Nella sua orazione, più tardi nell’aula consiliare, ha rievocato la triste storia dei martiri del xx giugno, i sette ragazzi trucidati nel 1944 in via Montecappone presso Jesi, inserendola nel quadro complessivo di cosa stava accadendo in Italia in quel momento, sottolineandone sia l’enorme costo in termini di sacrificio sostenuto, sia alcuni momenti politici rilevanti. Ha ricordato il decreto luogotenenziale di quei giorni, chiesto dal CLN al governo unitario provvisorio, che sanciva l’impegno dopo la liberazione di chiamare il popolo nella sua sovranità a scegliere la forma di governo e l’assemblea che avrebbe dovuto definire il nuovo quadro di regole democratiche del paese, e fu così che il 2 giugno 1946 si tennero le prime elezioni a suffragio universale e la prima volta delle donne al voto, che si scelse la Repubblica e si elesse l’assemblea costituente, e che poi nel 1948 si approvasse la Costituzione.

Non poteva che essere forte, in questo odierno momento politico, il richiamo alla Costituzione, sulla quale Pizzinato poi si è soffermato ricordando due articoli in particolare. Il primo è l’articolo 1, a tutti ben noto, e poi l’articolo 3, che ora mi piace citare:
«Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.»
Due frasi che, mi sembra proprio, contengano ancora oggi forti indicazioni non solo per corrette iniziative politiche ma anche per un saldo riferimento etico e umano.

Accennavo prima ai ricordi e alle tante cose da raccontare. Antonio lo ha fatto, con pudore e chiedendo quasi scusa come se stesse andando oltre citando qualcosa di personale, ma dietro il suo ricordo diretto c’era il mondo di allora, ha così rievocato di quando era ancora un ragazzino, nel suo Friuli, a quelle giornate così dense tra il luglio e il settembre 1943 della libera repubblica partigiana del Cansiglio, commuovendosi lui stesso mentre rivedeva quei momenti attraverso i ricordi del ragazzo di allora, e trasmettendoci il contrasto che sempre si vive quando si è stretti tra l’ansia e l’entusiasmo di una libertà finalmente ritrovata e già quasi alla nostra portata, e insieme il costo che questa richiede, che è sempre un costo umano, e quindi va onorato. Ho percepito questo tipo di sentimenti mentre lo ascoltavo, e non credo d’essere stato il solo, per come tutti lo ascoltavano.
Una cerimonia per una memoria importante, la nostra, che dobbiamo far rivivere nel nostro impegno quotidiano di oggi.

Due dei ragazzi trucidati a Jesi erano del sud, di Santa Eufemia in Aspromonte e di Agrigento, portati qui dalla guerra; Antonio nella sua orazione ha ricordato la repubblica del Cansiglio tra Friuli, Veneto e Trentino, facendomi venire in mente Placido Rizzotto partigiano in Carnia, insomma, anche in questo un elemento in più per ricordarci di come la Resistenza e la Liberazione furono davvero una ricostruzione del paese dal basso, che coinvolse tutto il paese, da sud a nord.

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